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Curiosità della cultura

Arte e cultura: ricordi dalla Notte della Taranta

Il racconto dell'ultima edizione della Notte della Taranta, una delle più significative manifestazioni sulla cultura popolare in Europa che ogni anno si tiene a Melpignano e nella quale riecheggiano simboli e miti di antico sapore.

di Chiara Gnocchi , 10 Novembre 2016
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La prima esibizione che ha aperto il concerto

Dal 1998 “La Notte della Taranta”, che ogni anno culmina nel Concertone finale di Melpignano, riporta inevitabilmente alla memoria le radici di questa notte speciale. Musica che è cura, terapia, arte espressiva, per mezzo della quale si tesse una “ragnatela” che lega insieme l'identità e la cultura di un territorio in un rito, il Tarantismo (1), dove confluiscono mito, religione e simbolismo.

Era mio desiderio da qualche anno prendere parte, dal vivo, al Concertone finale de “La Notte della Taranta”, una delle manifestazioni più significative sulla cultura popolare in Europa.

Ho avuto questa opportunità in occasione della 19esima edizione (tenutasi il 27 agosto scorso) che si è preannunciata già innovativa per la scelta del Maestro Concertatore: Carmen Consoli, prima donna a ricoprire questo ruolo dalla prima edizione del 1998.

Sicilia e Salento - separate dal mare ma affini per senso di identità e appartenenza - hanno così dialogato perfettamente attraverso i codici espressivi della musica.

Un'armonia perfetta, come ha confermato la stessa Consoli, creatasi nelle settimane di lavoro di squadra con il direttore artistico di quest'anno, Daniele Durante, e con l'Orchestra popolare, cuore pulsante dell'evento. “Daniele – ha affermato Carmen Consoli - è stato un aiuto incredibile, abbiamo fatto insieme fondamentalmente, abbiamo guardato in un'unica direzione e a volte abbiamo confuso 'ma chistu lo scrivesti tu o questo l'ho scritto io?'... ormai ci siamo confusi!”.

E sull'orchestra la Consoli ha detto: “Quest'Orchestra è formata da grandissimi Maestri, musicisti eccezionali, mi stanno dando tanto. È nato 'un piccolo amore musicale tra di noi'".

Un lavoro creativo volto a reinterpretare - senza stravolgere - il valore terapeutico di questa musica, anche attraverso i quadri ideati dal coreografo Fabrizio Mainini e realizzati dai 18 ballerini (10 popolari e 8 accademici): in ogni numero sono state interpretate vere e proprie storie a livello espressivo.

"Questa notte della Taranta è Fimmena!". Esordisce così Enza Pagliara (voce solista del festival dal 2001, tra le più rappresentative della penisola salentina) all'inizio del brano "Fimmene". Dal fondale del palco - realizzato dall'artista vulcanica Eleonora De Giuseppe in arte “La Pupazza” - alle ospiti chiamate dalla “Maestra Concertatrice” questa edizione è stata tutta al femminile come lo è questa musica, medicina per le donne.


Durante la conferenza stampa

Buika, Lisa Fisher, Fiorella Mannoia, Nada e Tosca hanno partecipato con il cuore a questa terapia corale, facendo loro nelle interpretazioni il dialetto salentino e il griko ed in particolare il significato dei brani cantati.

Lisa Fisher (cantante statunitense con all'attivo prestigiose collaborazioni, tra le quali vocalist per 26 anni dei Rolling Stones), durante la conferenza stampa spiega: “Il linguaggio che mi ha portato qui è il linguaggio universale della musica e per questo sono davvero grata alla Notte della Taranta; e sono anche molto grata per l'opportunità di sentire le vibrazioni e le onde della musica, ci sono delle storie uniche e ricche che vengono preservate proprio grazie alla musica. Per me la musica è uno strumento di guarigione anche per tutti coloro che ne hanno bisogno”.

Questo messaggio di cura della musica si è concretizzato anche in una grande azione di solidarietà a favore delle popolazioni colpite dal sisma, con il progetto "La Puglia per la ricostruzione" voluto dalla Fondazione la Notte della Taranta in accordo con la Regione Puglia, a cui gli artisti in primis hanno aderito devolvendo l'intero cachet per la raccolta fondi.

La diciannovesima edizione si è aperta con tutti gli artisti sul palco che hanno invitato la piazza dell'ex Convento degli Agostiniani affollata da oltre 200mila persone ad un minuto di "rispettoso silenzio" per le popolazioni colpite dal terremoto. Ha così preso il via la serata, in quattro ore di concerto sono stati eseguiti 44 brani tradizionali - di cui ben 15 pizziche con il tamburello gran protagonista - che hanno valorizzato tutte le voci e gli strumenti dell'Orchestra. Fusione di suono e pensiero con due brani per ricordare la figura della scrittrice Rina Durante e le sue liriche di "Questione meridionale" e "Presa di coscienza".


Tutti sul palco a inizio concerto per un minuto di silenzio per le vittime del terremoto
Non sono mancate le aggiunte melodiche personali del Maestro Concertatore che all'ensamble dell'Orchestra Popolare ha affiancato altri 5 musicisti per dare un'impronta rock e romantica (le chitarre di Massimo Roccaforte e Denis Marino, le tastiere di Elena Guerriero, il violino di Emilia Belfiore e il violoncello di Claudia della Gatta).

Come si sa la Musica è emozione, non occorre spiegarla ma saperla ascoltare e vivere. Sicura e autorevole nella lettura della partitura, rock ed elegante negli accenti, entusiasta e divertita con i suoi compagni di palco... Carmen Consoli nella Notte della Taranta è stata traduttrice rispettosa di una musica che è terapia anche per l'anima. Ha condiviso con questo evento molto del suo background musicale e artistico.

Questo palco è stato sorgente di suoni ma ancor più di un contagio emozionale per tutti, artisti e pubblico, forse uno degli obiettivi principali di questo evento che è arte e cultura.

1. Il tarantismo è uno dei fenomeni più antichi presenti nell’Italia Meridionale sin dall’alto Medioevo, documentato e studiato a livello scientifico da medici, etnomusicologi, antropologi e sociologi. Crisi di natura psico-fisica che, a seguito di un avvelenamento apparente, causavano nel tarantato uno stato di malessere generale - con sintomi quali dolori addominali, catalessi, palpitazioni, sudorazioni, apatia - venivano attribuite al presunto o reale morso di un aracnide, la tarantola – Lycosa tarantula –. Ad esser “pizzicati” erano uomini e donne, in particolare nei mesi estivi in cui i contadini trascorrevano la gran parte delle giornate a lavorare nei campi assolati, ove la credenza popolare collocava la presenza del ragno risvegliatosi dal letargo. Vittime del morso mitico erano soprattutto le donne, e in alcuni casi la sintomatologia veniva interpretata come manifestazione di un eros precluso, in altri intesa come sfogo al ruolo femminile all’interno della dimensione familiare di tipo patriarcale, un senso di costrizione decisionale e di impossibilità di esprimere le proprie necessità. Ed ecco che nell’immaginario il bisogno di esternare prende forma ed assume l’aspetto di un un ragno al quale si riallaccia il mito e un calzante simbolismo.

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