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La sconvolgente esperienza del sé. Archetipi e stati modificati di coscienza

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di Marie Noelle Urech , 2 Agosto 2016
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Il regno degli archetipi non è un prodotto della fantasia umana; esso possiede una esistenza indipendente e un alto grado di autonomia. Nello stesso tempo le sue dinamiche sembrano intimamente connesse con la realtà materiale e con la vita umana. Sciamani e ricercatori hanno testimoniato che la nostra personalità, il comportamento e il destino possono essere intesi in termini di principi archetipici divini che operano dentro o attraverso il nostro inconscio. Ma qual è l’implicazione pratica che le informazioni che attingiamo ad altri livelli di realtà possono avere nella vita di tutti i giorni? Fino a che punto possono influenzare il benessere emotivo e fisico di un individuo, la sua personalità, il suo sistema di valori e la visione che ha del mondo?


Illustrazione tratta dal Libro Rosso di Carl Gustav Jung

Da circa un decennio, vediamo l’emergenza di una nuova tipologia di connessione tra diversi ambiti del sapere che si ripercuote all’interno della vita degli individui, offrendo un quadro applicativo unitario e sorprendente. Sin dalla preistoria, gli uomini hanno avuto la necessità di dare un significato più ampio a quanto accadesse loro quotidianamente sul piano tangibile, tanto da essere spinti ad includere nella loro percezione gli aspetti invisibili ed intangibili della realtà che vivevano. Tra questi aspetti venivano individuate delle forze, delle potenze che influenzavano sia la loro coscienza sia gli eventi esterni. Il dialogo con queste forze sovrannaturali è stato per un lungo periodo la prerogativa dei sacerdoti e degli sciamani e ora si sta attualizzando nella ricerca scientifica e psichica. Queste forze invisibili hanno assunto una forma riconoscibile rappresentando i primi modelli universali dell’esperienza umana: gli Archetipi, da archè (primo) e typos (modello, esemplare). Gli Archetipi sono quindi una specie di versione originale, di modello originario di tutte le esperienze che l’umanità ha ripetuto nel corso dei millenni e che Carl Gustav Jung fa risalire

ad un periodo in cui la coscienza percepiva prima ancora di pensare in maniera strutturata. Immagini primigenie, simili alle idee platoniche, forme eterne e trascendenti, ritroviamo gli Archetipi all’origine di ogni creazione e cosmologia, di ogni cosa correlata all’universo e alla vita dell’individuo. Gli Archetipi sono l’espressione delle grandi energie dell’universo che si organizzano per diventare particelle, atomi, minerali, vegetali, animali, umani, angeli, dei. Se concepiamo gli Archetipi come facenti parte del tessuto stesso della realtà, sviluppandosi in essa e da essa, non emergono più alla nostra osservazione come singolarità

ma come l’espressione dell’unità nella molteplicità delle sue rappresentazioni. La tendenza all’interpretazione del mondo secondo principi archetipici sorse per la prima volta nell’antica Grecia e fu una delle caratteristiche più straordinarie della filosofia e della cultura greche.

Gli Archetipi rimandano ad una dimensione spazio-temporale diversa da quella che viene percepita in uno stato di coscienza normale. In effetti, essi emergono con potenza in stati di coscienza modificata come l’estasi, la trance, il viaggio sciamanico, il sogno e le esperienze di vetta, tutte vie d’accesso a queste dimensioni, assolutamente percettibili sebbene invisibili ai sensi fisici. Tutte le tradizioni spirituali del mondo hanno stilato una mappatura di queste dimensioni secondo una struttura tripartita: libro dei Morti degli Egizi, il Bardo Thodol, la Divina Commedia, la Gerusalemme Celeste, i cerchi e regni della Cabala, i tre mondi dello sciamanismo, le 6 direzioni della Ruota di Medicina, per citare i più noti alla nostra cultura. Come descritto da Mircea Eliade, questi tre piani della realtà non sono separati ma collegati da un asse centrale (axis mundi), variamente raffigurato come l’Albero o il Pilastro del Mondo, la Montagna Sacra, ecc. Questo spiega la scelta di luoghi precisi, cosiddetti “luoghi di potere”, per favorire tale collegamento (tombe, templi, montagne, cascate, grotte, alberi). Per le culture antiche, tuttavia, questa cartografia non è una semplice rappresentazione o un concetto astratto, ma un’esperienza vissuta, il percorso concreto da seguire per penetrare nel regno degli Archetipi.

In molte tradizioni, queste dimensioni o mondi corrispondono a: un mondo di sotto (Inferi, Ade, la Madre Terra) dove dimorano le anime dei defunti, i demoni, creature infernali oppure animali di potere, alleati, guardiani; ad un mondo di mezzo che è il mondo fisico e materiale dell’esistenza umana con una sua dimensione spirituale e non ordinaria, e un mondo di sopra (cieli, cosmo, Olimpo) popolato di dei e dee, angeli e altre creature evolute. Per accedere a questi mondi archetipici, bisogna modificare lo stato di percezione. Esistono varie procedure per indurre volontariamente tali stati, e alcune molto antiche sono state tramandate dalle Scuole Misteriche e dai popoli sciamanici. L’accesso a questi mondi era reso possibile grazie all’uso di piante psicotrope o di funghi, oppure attraverso una serie di pratiche ascetiche basate sul digiuno, il respiro circolare, la danza estatica, la musica, il battito dei tamburi. Tali pratiche hanno svolto un ruolo importante nei Misteri di Morte e Rinascita delle grandi tradizioni religiose del mondo antico (Sumeri, Egizi, Greci, Maya, ecc.) dove troviamo raffinati riti e cerimonie destinati ad indurre stati espansi di coscienza. In Oriente, le svariate ascesi di yoga, la meditazione Vipassana, quella zen e quelle del buddismo tibetano, gli esercizi spirituali della tradizione taoista, i complessi rituali tantrici, avevano tutti lo scopo di accedere a una dimensione coscienziale superiore. I Sufi utilizzano diversi elaborati approcci per indurre la trance, come la respirazione intensa, i canti devozionali e la danza rotante. Nella tradizione giudaico-cristiana ritroviamo gli esercizi di respirazione degli Esseni e la ripetizione continua di preghiere e altri diversi metodi appartenenti alla tradizione cabalistica e hasidica. Qual è il senso del ricercare volontariamente il collegamento con i mondi degli Archetipi? È prima di tutto la ricerca di una forma “altra” di conoscenza. Gli sciamani, i grandi viaggiatori di tali mondi, sono a tutti gli effetti persone di conoscenza, in quanto una delle etimologie proposte per il termine sciamano deriva dalla radice tungusa “Sa”, che significa appunto conoscere. Questo tipo di conoscenza consente il superamento dei confini dell’ego, favorendo una dilatazione della coscienza oltre il tempo/spazio e la comunicazione fra le diverse dimensioni del cosmo. Un processo espresso chiaramente nell’etimologia del termine estasi: existanai, fuori dalla mente. L’estasi è uno stato alterato di coscienza indotto attraverso un rituale e con il quale la coscienza si espande oltre i confini del proprio io, iniziando un processo di reintegrazione all’interno dell’armonia del cosmo, un modello terapeutico largamente attestato e già descritto da Platone per le feste dionisiache.

Nello sciamanesimo, la pratica della caccia all’anima, o di altre forme di guarigione, prevede l’acquisizione di conoscenze dal mondo degli archetipi. La sua efficacia terapeutica nasce dalla necessità di rompere i confini stretti dell’io per integrare energie mancanti che si trovano su un altro piano di realtà.


Victor Cupsa, Divenire (part.), 1973

Queste antiche forme di conoscenza furono recuperate e rivalutate da Carl Gustav Jung nel ventesimo secolo, e introdotte nella moderna psicologia del profondo nella forma di principi psicologici, modelli organizzativi primordiali della psiche (Jung 1959). Sia lui che i suoi seguaci esplorarono e descrissero molto dettagliatamente l’importante ruolo giocato dagli archetipi nella vita di individui, nazioni e natura. Un’altra importante caratteristica degli archetipi rilevata da Jung è che essi esercitano un’influenza sincronistica sia sulla psiche degli individui, sia sugli eventi del mondo fisico. Un’altra corrente, quella della Psicologia Transpersonale, dette un altro rilevante contributo. Lanciata da Abraham Maslow, negli anni ‘50, la Psicologia Transpersonale si propose di affrontare tematiche spirituali, senza più restringerle all’ambito psicosociale ma allargandole invece alla sfera psicospirituale del Sé. L’esperienza del Sé è sperimentabile al di là della personalità, oltre lo stato di coscienza ordinario. Nel modello psicoanalitico finora sperimentato, il Sé aveva avuto solo una connotazione di ordine psicopatologico, privo quindi di una qualche possibilità di elevazione spirituale o di una crescita interiore. Nel paradigma piramidale dei bisogni di autorealizzazione e di trascendenza proposto da Maslow, la Self Actualization (auto-realizzazione) e le Peak Experiences (esperienze di vetta) hanno aperto la porta allo studio di territori della psiche, finora inesplorati: il misticismo, la coscienza cosmica, la trance e le esperienze psichedeliche. Le esperienze di coscienza modificata sono chiamate “transpersonali” dalla scuola di psicologia umanista e transpersonale, “estatiche” dall’antropologia, e “olotropiche” dal famoso psichiatra praghese Stanislav Grof (da holos: il tutto e tropein: muoversi) ovvero “che muovono verso il Tutto”. I lavori importanti di questo grande scienziato meritano una attenzione particolare. Partito prima dalle sperimentazioni con l’LSD per curare con successo gli stati psicotici dei suoi pazienti, Grof, una volta tolto l’LSD dal mercato, elaborò successivamente una tecnica di respirazione particolare che battezzò “olotropica”, in quanto otteneva gli stessi effetti dell’ LSD, senza averne gli svantaggi. I risultati degli studi di Grof sul campo gli permisero di elaborare una mappa della psiche molto più vasta rispetto a quelle impiegate dalle scuole di psicoterapia occidentali, unendovi le più recenti acquisizioni della fisica quantistica-relativistica, della teoria dei sistemi e dell’informazione così come delle neuroscienze. Il suo studio sulla schizofrenia per oltre quarant’anni gli ha fornito un ampio materiale che varia dai mitologemi ai cataclismi, agli archetipi Junghiani, alle esperienze di pre-morte, tanto per citare le matrici perinatali di base BPM I II III IV, matrici archetipiche della vita intrauterina, ed altri importanti studi sugli stati non ordinari a livello regressivo. Lo sviluppo della respirazione olotropica, sperimentata sin dagli anni ‘70 ad uso terapeutico, consentì a molte persone di visitare i tre mondi e di incontrarvi gli Archetipi corrispondenti grazie ai quali poi guarirono persino da traumi severi.

Ecco il racconto di Helen, un’antropologa di 42 anni, su come ha sperimentato il mondo degli archetipi durante uno stato modificato di coscienza con la respirazione olotropica: «La sequenza successiva era talmente grandiosa e magnifica che ancora adesso sento un profondo senso di stupore se soltanto ci penso. È stata la visione di un mondo che aveva alcune caratteristiche in comune con la realtà quotidiana, eppure l’energia di cui era dotato e il livello sul quale esisteva era al di là di qualsiasi cosa potessi immaginare. Ho visto figure antropomorfe famose, maschili e femminili, rivestite di splendidi indumenti, sembravano le descrizioni dell’Olimpo tramandate dall’antica Grecia, dove gli dei banchettavano con il nettare e l’ambrosia […]. Dopo questa esperienza mi sono sentita mortificata per la superbia scientifica che avevo e che mi faceva rifiutare le cosmologie delle culture ‘primitive’, tacciandole di superstizione e di pensiero magico». Mentre questo resoconto descrive una visione di regioni archetipiche celesti, altra gente ha sperimentato viaggi in regni abitati da svariate creature delle tenebre, che conosciamo dalle descrizioni mitologiche degli inferi, tramandate dalle diverse culture. Il brano seguente è tratto dal resoconto di un insegnante quarantenne, è l’esempio di una esperienza del genere: «Continuavo ad affondare in un sistema di labirinti oscuri fino a quando capii che il regno in cui mi aggiravo non apparteneva più al mondo della realtà quotidiana. Anche se mi sembrava di essere nelle viscere della Terra, in realtà mi trovavo in un regno mitologico, abitato da strane creature archetipiche. Avevo l’impressione di vedere l’infrastruttura del cosmo, essenziale per la sua esistenza e il suo perfetto funzionamento […] Vi abitavano esseri giganteschi e mostruosi dotati di energie titaniche: facevano pensare a spostamenti tettonici, terremoti, esplosioni vulcaniche. Non potei fare a meno di sentire una grande riconoscenza per queste semplici creature che trascorrevano tutto il tempo nelle tenebre, assolvendo pazientemente l’ingrato compito di far funzionare il motore dell’universo. Le entità mi accolsero con benevolenza e risposero con gioia ai miei complimenti muti. Sembrava che fossero abituate ad essere temute e respinte: mostravano una brama quasi infantile di accettazione e di amore». Come mostrano queste esperienze, esistono diverse dimensioni del reale che non fanno parte del mondo fenomenico del nostro quotidiano. Sembrano rappresentare differenti tipi e livelli di realtà esperienziali. Qual è l’implicazione pratica che le informazioni che attingiamo ad altri livelli di realtà possono avere nella vita di tutti i giorni? Fino a che punto possono influenzare il benessere emotivo e fisico di un individuo, la sua personalità, il suo sistema di valori, la visione che ha del mondo? Il regno degli Archetipi non è un prodotto della fantasia umana: possiede una esistenza indipendente e un alto grado di autonomia. Nello stesso tempo le sue dinamiche sembrano intimamente connesse con la realtà materiale e con la vita umana. Ciò che gli sciamani hanno testimoniato e, successivamente, vari ricercatori a cominciare da Jung, è che la nostra personalità, il comportamento e il destino possono essere intesi in termini di principi archetipici divini che operano dentro o attraverso il nostro inconscio. È stato dimostrato altresì che, nei drammi umani dell’ordinario, noi recitiamo vari temi mitologici. Di solito consideriamo il mondo materiale con le sue meraviglie e complessità come scontato ed escludiamo la possibilità che possano esistere altri territori di realtà, percettibili attraverso sensi più sottili. Inoltre, tutti i sistemi spirituali del mondo concordano sul fatto che la ricerca di soli traguardi materiali, di per sé, non può dare soddisfazione, felicità e pace interiore. La crisi globale, il deterioramento morale, la crescente sofferenza che accompagnano l’espansione del materialismo nelle società industrializzate testimoniano questa antica verità. Il rimedio per il malessere esistenziale che affligge l’uomo e l’umanità è quello di rivolgersi al proprio Sé, cercando risposte in spazi interiori e iniziando una profonda trasformazione psicospirituale. Incontrare gli Archetipi e la forza del mito ci apre ad una conoscenza più vasta dell’intelligenza creativa all’opera nello schema universale e ci fornisce una comprensione più completa di molti aspetti del cosmo, per i quali abbiamo spiegazioni insoddisfacenti e teorie contraddittorie. Questi aspetti includono interrogativi fondamentali sull’origine dell’universo e della vita sul nostro pianeta, sull’evoluzione della specie, sulla morte e sulla natura e la funzione della coscienza. Ci ricolloca in una dimensione di totalità per giungere a quella sconvolgente scoperta che Sri Aurobindo espresse in questi termini: «Mentre progrediamo spiritualmente, ci risvegliamo alla nostra interiorità e all’interiorità delle cose. Ci rendiamo conto allora che esiste una coscienza anche nelle piante, nei metalli, negli atomi, nell’elettricità, in ogni aspetto della Natura».

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