La maschera è una realtà alternativa o è “la realtà”? L’applicazione di una maschera, sulla faccia o sul corpo, è un’abitudine che persiste fin dal periodo paleolitico e della quale vi sono numerose testimonianze da almeno 40.000 anni. Nel mondo preistorico e tribale, e forse non solo, la maschera più che nascondere l’identità, sembra essere una finestra aperta sul panorama degli ideali e dei mostri, delle aspirazioni e degli incubi, una sintesi che unisce lo spirito dell’individuo e quello della sua cultura, nell’eterna ricerca d’identità.
Oggi siamo meno equipaggiati per comprendere la nostra anima: sovente le maschere sono messe sulla faccia o i simboli sono messi di fronte al nostro nome, più per gratificare l’ego che per cambiarlo. Il ruolo metaforico delle maschere ci dà una quarta dimensione della comunicazione e ci aiuta ad usare una parte del nostro spirito inventato da noi stessi o dal nostro contesto sociale. Il problema è che, a differenza del passato, l’individuo della società contemporanea, una volta indossata una maschera, fin quando vuole mantenere il proprio ruolo, non la può più togliere; spesso, infatti, se cambia il ruolo, cambia anche l’identità.