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Miti e leggende

2 novembre: il cratere di Vulcano e l'origine della festa dei Morti

L’esistenza dell’inferno e del purgatorio per i cristiani era certa ed antica, si può dire, quanto lo era la loro fede. Circa l’ubicazione di questi luoghi, però, non tutti concordavano: ma alla vigilia dell’anno Mille i cattolici individuarono nel cratere dell’isola di Vulcano una comune porta d’entrata dove il grosso dell’esercito di Belzebù e le anime “purganti” pareva coabitassero. Si diede così l’avvio ad una pia consuetudine che indusse a suffragare i morti il 2 novembre in seguito ad una serie di inquietanti fenomeni soprannaturali che si verificavano proprio in quest’isola delle Eolie.

di Giuseppe Iacolino, 1 Novembre 2015
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Alla vigilia dell’anno Mille i cattolici individuarono nel cratere dell’isola di Vulcano una comune porta d’entrata dove il grosso dell’esercito di Belzebù e le anime “purganti” pareva coabitassero

Nel secolo X si ha una novità assoluta a proposito dell'inferno: l'aggiunta, anzi l'accorpamento, del purgatorio. La certezza che i cristiani avevano dell'esistenza del purgatorioera antica, si può dire, quanto antica era la loro fede. “Orate pro me”, “orate pro eo”, “Vivas in Christo – in refrigerio anima tua” sono espressioni che ricorrono sovente nelle iscrizioni catacombali. Solo che, al di là della sua valenza teologica, al purgatorio non si era ancora riusciti ad assegnare un'ubicazione materiale e uno spazio ben definito. Anzi, ad esser più esatti, non pochi Dottori della Chiesa e talune comunità cristiane avevano gia fornito ora "precise", ora "vaghe" indicazioni. Sant'Isidoro di Siviglia (570-636), ad esempio, aveva immaginato il purgatorio antipodo di Gerusalemme, e le leggendarie visioni di San Brandano avevano avvicinato il purgatorio e il paradiso terrestre situandoli in mezzo all'Oceano, mentre il popolo irlandese coltivava la tradizione secondo cui entro una caverna di un isolotto sul lago Derg c'era il cosiddetto “Purgatorio di San Patrizio"; la medesima caverna costituiva l'accesso unico in direzione sia del purgatorio che del regno degli Inferi[1]. Qui nell'Europa continentale, invece, e in conformità con la leggenda degli Irlandesi, i cattolici giuravano che il sito del purgatorio, come quello dell'inferno, doveva di necessità trovarsi entro le viscere della terra, ribollenti di fiamme e di vapori. "Coabitazione, dunque, e comune l'apertura d'entrata: il cratere dell'isola di Vulcano. Ovviamente, tra le due categorie di "inquilini" – spiriti purganti e anime dannate – restava ferma e impregiudicata la distinzione in termini di temporaneità e di infinita durata dei patimenti. Individuato così il sito, fu dato l'avvio alla pia consuetudine di suffragare i morti in un determinato giorno dell'anno, il 2 novembre.

Chi per primo narrò l'antefatto di questa novità – legandola sostanzialmente all'isola di Vulcano – fu San Pier Damiano (1007-1072), benedettino, abate, dottore e cardinale di Santa Romana Chiesa. Dante lo esalterà in Paradiso tra gli spiriti contemplativi[2]. Nella sua Vita Sancti Odilonis abbatis cluniacensis et confessoris ordinis Sancti Benediicti, San Pier Damiano, tra le altre cose, racconta: “Un Religioso, oriundo della città di Rodez, ritornava da Gerusalemme. Nel mentre egli attraversava quel mare che si estende dalla Sicilia sino a Tessalonica (il Mediterraneo centrale), pieno di punti pericolosi a causa delle tempeste, poiché assieme a molti altri pellegrini, veniva sospinto da orrendi e furiosi venti, approdarono ad un'isola, o scoglio, dove viveva tutto solo un santo servo di Dio. Allora il pellegrino di Rodez, restandosene lì per qualche tempo in attesa che il mare si rabbonisse, si dilettava di tenere spesso conversazione col servo di Dio. Ma, mentre da una parte venivano date poche notizie e dall'altra ne venivano fornite in abbondanza, il nuovo ospite fu richiesto dall'Eremita che gli dicesse di dove fosse; e quello gli rispose che aveva avuto i natali in Aquitania. Interrogato poi se sapeva di quel monastero, che è detto Cluniacense, e del suo abate Odilone, quello assicurò che ne era perfettamente a conoscenza".

Il Religioso domandò al servo di Dio perché mai gli avesse fatta questa domanda. E l'altro rispose:

'Ci sono qua vicino dei luoghi dai quali fuoriescono enormi cumuli di fiamme vorticose, e in questi luoghi le anime dei malvagi sono sottoposte a diversi tormenti a seconda della qualità dei loro peccati. Ad accrescere le loro sofferenze ci sono deputati un gran numero di demonii i quali ogni giorno rinnovano le pene, e continuamente sottopongono le anime a reiterate torture. Questi diavoli io li ho spesse volte sentiti urlare con alti lamenti e piangere con voce dolente per la ragione che, con le orazioni e le elemosine di certuni che concordemente tramano contro di essi, di frequente dalle loro mani vengono strappate le anime dei condannati. Tra l'altro, questi demonii fanno assai dure rimostranze nei confronti della comunità cluniacense e del suo abate, giacché a causa di questi essi vengono privati delle prede che di diritto gli appartengono. Pertanto, nel nome terribile di Dio io ti scongiuro di riferire fedelmente ai venerabili confratelli di là le cose che ti ho detto, e di ricordargli anche da parte mia che devono sempre più perseverare nelle elemosine e nelle orazioni, e principalmente con l’intenzione di liberare dalle mani dei demonii tutti coloro che da essi vengono tormentati, cosiché dalle quotidiane perdite ne venga pianto al nemico del genere umano e si moltiplichi l'esultanza nel cielo'. Rientrato poco dopo nella sua patria, il Religioso puntualmente narrò al venerabile abate e alla venerabile comunità tutto ciò che aveva udito dal racconto dell'uomo di Dio. Allora il venerabile padre Odilone emanò un generale decreto per tutti i monasteri: che, come al primo di novembre, in virtù d'una norma della Chiesa Universale, si celebra la solennità di Tutti i Santi, così nel successivo giorno si facesse memoria di tutti coloro che dormono in Cristo, con canti ed elemosine e, in primo luogo, con le Messe” .

Questo il racconto o, se si vuole, la leggenda, dai toni cupi e dalle delicate sfumature di ingenuità devota, con cui si è fornita motivata legittimazione al "giorno dei Morti". Certo è che l'abate Sant'Odilone (962-1049) nel 998 fissò il 2 novembre come giornata del suffragio da celebrarsi in tutti i monasteri della sua congregazione. In seguito l'usanza attecchì in diverse diocesi d'Europa sino a che, a cominciare dal secolo XIV, l'annuale commemorazione di tutti i fedeli defunti divenne pratica universale della Chiesa Cattolica.

Ma l'aspetto per noi sorprendente della narrazione di San Pier Damiano sta nel fatto che le lamentose proteste e le dolenti dichiarazioni dei diavoli di Vulcano tennero banco nelle alte sfere della teologia per almeno cinque secoli ancora, e costituirono argomento probante della reale esistenza del purgatorio.

Ce ne dà conferma – sebbene con qualche imprecisione geografica e non poche varianti sul tema originale – lo spagnolo Alonso de Villegas, “Sacerdote, Theologo, y Predicator, natural de la Imperial Ciudad de Toledo", nel suo libro Flos Sanctorum nuevo etc., edito a Venezia nel 1538, al capitolo “La commemoracion de los defunctos”. Scrive dunque il de Villegas: “(…) Nella vita del santo Abate Odilone, scritta da Pier Damiano, Cardinale della Chiesa Romana, si dice che, venendo un Religioso dal visitare il Santo Sepolcro di Gerusalemme e molti altri luoghi della Terra Santa, la nave su cui viaggiava giunse, a causa della bufera che imperversava, ad un'isola disabitata, piena di sterpi e roveti, la quale sta vicino a Tessalonica e si chiama Vulcano. Il Religioso salì là, e in un luogo appartato e molto nascosto, vide un Eremita. Si fermò e stette a conversare con lui. E oltre alle tante altre pratiche che tennero, il Religioso venne a dire al Solitario che era di Francia, della provincia di Aquitania. Il Solitario nel sentirlo si rallegrò, e richiestolo se avesse conoscenza del Monastero di Cluny e del santo Abate che lo reggeva, chiamato Odilone, quello rispose di sì e lo pregò che gli dicesse il motivo per cui gli domandava di Odilone. Il Solitario disse: ‘Sappi che in quest'isola ci sono certi luoghi reconditi, pieni di vento e di fuoco, che alcuni chiamano Olle (pentole, bocche, grotte, caverne) di Vulcano dove di solito si vedono entrare e salire molti demonii in diverse forme e sembianze. Alcune volte si mostrano allegri e giulivi nelle apparenze esteriori, e altre volte molto tristi e adirati. Desiderando io conoscere la causa di questi diversi atteggiamenti e scongiurandoli da parte di nostro Signore Gesù Cristo, essi mi dissero la verità: mi dissero che si mostrano allegri e giulivi quando qualche anima di persona, che nel mondo ha vissuto bene e che essi non han potuto indurre a commettere peccati mortali, per qualche peccato veniale e portata al Purgatorio: nel vederla dimenarsi tra le fiamme, i demonii prendono piacere, e lo dimostrano con segni esteriori. Ma se per tale anima si offrono sacrifici, si dicono Messe, e persone di santa vita fanno per quest'anima opere buone, digiuni, elemosine e orazioni, in breve l'anima sale da quelle pene e vola al cielo. E questo procura molta amarezza ai demonii. Essi fanno particolare lagnanza per il Monastero di Cluny perché, a causa della continua orazione che lì si fa, ascendono molte anime da siffatte pene. Perciò io ti prego – dice il Solitario – e in nome di Dio ti scongiuro di raccomandare al santo Abate Odilone e agli altri monaci che non cessino di fare sacrifici per le anime, poiché dal far questo si ottengono tanti benefici effetti’.

Meravigliato il Monaco in udir queste cose, promise che avrebbe puntualmente riferito. E, tornato alla sua terra, visitò quel Monastero e accuratamente raccontò ciò che accadeva in quegli anfratti e in quelle caverne di Vulcano. Quando l'Abate Odilone sentì queste cose, ingiunse a tutti i suoi Monasteri che raccomandassero a Dio le anime del Purgatorio. E fece una costituzione generale per il suo Ordine e Congregazione: che ogni anno, il giorno appresso a Tutti i Santi, celebrassero l'anniversario generale dei fedeli defunti. Di ciò ebbe notizia il Romano Pontefice che regnava a quel tempo e, esaminando bene la cosa e visto quanto fosse pia e santa, non soltanto la approvò, ma ordinò anche che si praticasse lo stesso in tutta la Chiesa Universale”.

Come è facile intuire, nella sua matrice di fondo la "storia" della condizione delle anime purganti poté veramente aver tratto origine dalla conversazione intercorsa tra il monaco pellegrino di Aquitania e l'eremita di Vulcano. Il resto – la struttura fantasiosa e l'andamento narrativo – le venne dall'elucubrazione ascetica, e un po' visionaria, dei benedettini di Cluny, per i quali angeli, diavoli e problemi dell'aldilà costituivano temi quotidiani di meditazione a causa di frequenti soprannaturali manifestazioni che là si verificavano. Del resto, se a Vulcano bivaccava il grosso dell'esercito di Belzebù, c'era pure una miriade di altri gregari del regno delle tenebre che andavano in giro per il mondo e di persona si acquattavano anche tra le ombre dei chiostri per tendere insidie alle virtù dei frati. E di diavoli di ogni forma e dimensione dovevano essercene non pochi pure a Cluny se il monaco borgognone Rodolfo il Glabro (985-1045) ebbe modo di conoscerne parecchi e, con forza audacemente visionaria, di essi ci lasciò descrizioni realistiche e particolareggiate.

Nell'ambiente, dunque, di Cluny non poté non trovare accoglimento l'appello trasmesso dall'eremita di Vulcano. Ma dietro l'intenzione dei cluniacensi di generalizzare la giornata del suffragio per le anime purganti, buona e piissima in sé, si configurava un risvolto che oseremmo dire di ordine "pratico". Sin dal 910, anno della fondazione del monastero, i monaci cluniacensi e le numerose comunità sparse un po' dovunque, nelle quotidiane recite corali usavano elevare particolari preghiere a sollievo delle anime dei confratelli defunti. Del pari solevano condurre solenni servizi funebri e regali esequie commemorative per i benefattori laici – principi, conti e feudatari – sanzionando in tal modo il potere delle rispettive famiglie e stimolando la generosità degli eredi con una vantaggiosa prospettiva escatologica: quella di un'ulteriore estrema possibilità di strappare l'eterna salvezza che, specie nella loro condizione, era assai arduo conseguire in prima istanza. Ognuno, poi, dei comuni mortali, avvertendo con sempre maggiore consapevolezza l'inettitudine personale a raggiungere il paradiso in forza dei suoi meriti, trovò gratificante fondare la propria fiducia anche nella buona disponibilità delle anime oranti, nei meriti accumulati, a profitto dell’intero popolo di Dio, dai monaci e dagli uomini di Chiesa, oltre che, come da sempre, nell'intercessione dei santi materializzati nelle reliquie e nei luoghi sacri di maggior richiamo. Così, al di là del lavacro sacramentale della penitenza, per la cristianità della vigilia dell'anno Mille si veniva a profilare un elemento in più di garanzia post mortem, quello del suffragio, individuale e collettivo, perennemente alimentato dalla carità dei viventi. Insomma, attraverso la leggenda di Vulcano e la conseguente istituzione del 2 Novembre, a tutti i fedeli – buoni o cattivi che fossero, nobili o plebei e comunque indistintamente soggetti ai condizionamenti dell'umana fragilità – si volle assicurare il conforto di non sentirsi esclusi a priori dal Regno dei Cieli.

Non c'è che dire: un piccolo segnale di avanzamento verso la conquista del diritto all'uguaglianza, almeno dinanzi a Dio. Ma in un altro mondo e in altro tempo.

Questo scritto, opportunamente adattato, è tratto da 'Le Eolie nel risveglio delle memorie sopite' di G. Iacolino, a cura di Aldo Natoli Edito-re-Lipari. Per gentile concessione dell'Autore e dell'Editore.

Note

1. Non mancarono filosofi seri, come San Tommaso, che ammisero l'impossibilita di determinare dove realmente fosse ubicata la sede del purgatorio:De loco purgatorii non imJenitur aliquid expresse determi- natum in Scriptura (Sum.Theol., suppl. q. 70, a.2).

2. Dante, Paradiso, XXI

Foto: Flickr

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