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Daniel Tarozzi, in viaggio nell'Italia che cambia

Eterno Ulisse dei nostri giorni, alla costante ricerca della verità e del cambiamento, Daniel Tarozzi, giornalista e documentarista, è da poco partito con il suo camper per un viaggio nell'Italia che cambia. L'intento ambizioso è quello di conoscere direttamente e raccontare un Paese diverso composto da tutte quelle persone che hanno preso in mano la propria vita, senza aspettare che qualcun altro agisse al loro posto.

di Andrea Bertaglio, 22 Ottobre 2012
TAG  cambiamento  italia  viaggi 

viaggio italia che cambia

Daniel, tu stai facendo un viaggio nell’Italia 'che cambia'. Di che si tratta?

Si tratta di un viaggio da nord a sud (isole comprese!) in camper per andare a incontrare fisicamente le tante, tantissime persone che vivono 'in modo diverso'. L’obiettivo? Incontrare e conoscere chi ha preso la propria vita in mano, senza aspettare che qualcuno agisse al suo posto! Ma non solo. Voglio costruire un mosaico che metta in rete esperienza di decrescita, transizione, permacultura, con esperienze di imprenditori che si 'scollocano' o che costruiscono modelli diversi di imprenditoria, associazioni, eco-villaggi, cohousing, buona amministrazione. Storie di singoli e di gruppi, ricchi e poveri, colti e meno colti. Sono stanco di questa frammentazione continua e poi, viaggiando da anni come te per il Paese, so bene che la cosa di cui le persone hanno più bisogno è sentire che non sono sole. Beh, lo voglio dimostrare!

Sembra un’impresa costosa, oltre che stancante…

Sì, è sia costosa che stancante. Ho dovuto lasciare la mia casa, perché non potevo permettermi di pagare un affitto insieme al costo degli spostamenti in camper (purtroppo non ecologico). I ragazzi di Etinomia (Val di Susa) hanno lanciato una campagna, “Fai un pieno per il viaggio nell’Italia che cambia”. Fino ad ora hanno aderito in pochi, ma sono comunque grato della sensibilità da loro mostrata.

Che cosa hai visto di buono finora?

Difficile rispondere a questa domanda. Sono partito da poco più di un mese, ma ho già visto moltissimo. Piemonte, Lombardia, Veneto e ora Sardegna mi hanno confermato che ci sono una marea di esperienze positive e stimolanti, pur tra difficoltà spesso titaniche. Quello che accomuna tutti è la voglia di cambiare, una sorta di forza interiore che produce spesso, nonostante tutto, anche felicità. E poi la consapevolezza che non c’è altra via e che comunque vadano le cose bisogna almeno provarci.

Cosa stai vedendo, girando il Belpaese, che invece proprio non va?

La cementificazione che minaccia continuamente quanto di buono è rimasto, la burocrazia che strangola le iniziative migliori, lo Stato assente quando non ostile e i contesti che spesso tendono a non premiare le iniziative più virtuose.

Com’è vivere on the road?

Bellissimo! È un emozione svegliarsi ogni giorno in un posto diverso, essere accolto dalle persone, assaggiare cibi sempre diversi, vedere il paesaggio cambiare e sorprenderti ogni volta con le sue bellezze. E poi uno spazio piccolo ti costringe ad avere poche cose e “chi non ha niente non ha niente da perdere”.

Hai già programmato ogni tuo spostamento?

No. Ho un macro-programma, regione per regione. Alcune tappe fissate e altre lasciate agli incontri, ai suggerimenti, al fato. Non ho pretesa di esaustività, sarebbe assurdo. Inoltre, gli imprevisti mi portano a ridefinire costantemente l’itinerario.

Che cosa vuoi dimostrare, più di ogni altra cosa, raccogliendo tutte queste testimonianze?

Che esiste un’altra Italia. Che la decadenza e lo squallore raccontato quotidianamente dai mass media è solo una parte della realtà. Che cambiare non solo è possibile, ma auspicabile e chi lo fa sta meglio di chi non lo fa.

Secondo te questo Paese può davvero cambiare? Le persone che vogliono cambiare dentro di loro sono comunque una minoranza, rispetto alle masse che si mettono in fila per l’ultimo iPhone…

Mi vengono in mente una serie di risposte scontate: “fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce” o “sono sempre le minoranze ad aver cambiato le cose”. La verità è che questo paese sta già cambiando. È vero, sarà anche una minoranza. Ma una minoranza che sta crescendo esponenzialmente e che spesso non viene seguita perché non è conosciuta. Le file per l’iPhone (senza voler demonizzare il prodotto in sé) sono lo specchio più fedele di un mondo disperato, con una crisi di valori senza precedenti. È nostro compito dire che un altro mondo non solo è possibile, ma è già in atto. Magari accanto al centro commerciale.

In che modo a tuo avviso la decrescita felice può essere una concreta soluzione alle varie crisi che stiamo vivendo?

La decrescita felice, secondo me, è alle fondamenta del mondo che nascerà. Non entro nel merito delle teorie economiche o delle terminologie complesse. Semplicemente sono certo che questo paradigma, basato sulla crescita infinita, ha fallito e sono altrettanto certo che il paradigma stesso provoca infelicità. L’idea che si possa costruire un sistema che abbia al suo centro la felicità delle persone e non un indicatore numerico per me è semplicemente inevitabile.

Cosa nascerà da questa esperienza?

A livello pratico un libro (per Chiarelettere), un sito (www.italiachecambia.org), uno spazio sul Fatto Quotidiano e un collegamento settimanale con la Radio del Sole 24 Ore (il sabato, alle 12 e 10 circa). Poi, forse, realizzerò anche un documentario, ma non so se troverò le risorse necessarie. Ho molte altre idee in merito, ma è presto per parlarne. Infine, una scelta molto poco importante per il Paese, ma fondamentale per me: deciderò dove andare a vivere!

Articolo tratto da Movimento per la decrescita felice

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