In viaggio a Pianosa, tra i luoghi di un’isola magica dove una realtà, a volte surreale, incrocia, nell’arco della sua storia, prigionia, amore, e nuova vita. Tra i volti e le storie che qui l’autrice ci presenta magistralmente, sorge una considerazione spontanea: “i detenuti di Pianosa, anziché mura opprimenti, si trovano in un giocoso porto-teatro che li accoglie, dove perfino il muro, che dovrebbe segregarli, è solo una facciata senza lati” … Una straordinaria metafora del senso umano della “libertà” che – come dice Cinzia – «è quella “cosa” lì color nebbia, attraverso la quale non si vede la fine, e che spesso utilizziamo così male da rimanerne imprigionati dentro, nonostante non ci siano muri di prigionia intorno a noi, come a Pianosa. Prigionieri della paura di fare un passo nell’ignoto, nell’infinita libertà».