L'Eterno Ulisse

Itinerari insoliti nel grande mare della conoscenza

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Vite straordinarie

Emilio Servadio, un uomo di frontiera

"Finché ci sono io, non c’è lei, e quando ci sarà lei non ci sarò più io". Così Emilio Servadio, parafrasando Epicuro, ironicamente parlava della morte. Lui la conosceva bene, più volte, nell’arco della sua lunga vita, l'aveva sfidata, ed in particolare ai tempi in cui amava scalare le alte vette. Questo straordinario, eterno ragazzo fino all’età di 91 anni, instancabile indagatore dei misteri della mente e dell’anima, merita a pieno titolo l’appellativo di 'Eterno Ulisse', e un posto 'in prima fila' tra le nostre pagine.

di Maria Pia Fiorentino, 27 Novembre 2012
TAG  biografie  psicoanalisi  parapsicologia 

emilio servadio
Emilio Servadio, psicanalista e poeta italiano

“Sei libera Mercoledì sera? Ho molte cose da raccontarti!”.

Era impossibile rifiutare un invito a cena di Emilio Servadio, che giungeva periodicamente alle 8 del mattino; qualunque precedente impegno passava necessariamente in secondo piano, ed ogni volta si prospettava una nuova esperienza .

Un gradevolissimo profumo di incenso segnalava l'arrivo in ascensore al 4° piano del suo appartamento in via di Villa Emiliani, ai Parioli, quindi si apriva la porta di questa straordinaria casa che pullulava di libri e di enciclopedica cultura, e lui, piccolo grande uomo, ti accoglieva con un sorriso.

Dopo un breve scambio di battute circa le ultime vicissitudini di entrambi, giungeva il momento dell’aperitivo che serviva personalmente: solitamente un whisky di ottima qualità e quindi declamava la sua ultima poesia; era questo un momento intenso, e Ia sua commozione diventava la mia; impossibile non partecipare.

Infine, dopo avermi consegnato le fotocopie dei suoi ultimi scritti, articoli, riconoscimenti, lettere polemiche e poesie, ci recavamo in uno dei suoi ristoranti abituali prenotato per l’occasione.

Lungo il tragitto si lasciava andare ogni tanto ad un misurato "pettegolezzo" che prendeva di mira ora l`uno, ora l'altro, in funzione degli ultimi fatti di “cronaca” che avevano visto quali protagonisti conoscenze comuni.

Al ristorante prescelto veniva quindi accolto con gioiosa riverenza; il tavolo era, in ognuno di questi locali, sempre lo stesso. L`antipasto era costituito immancabilmente da un discreto numero di ostriche, per le quali andava matto (sempre che la stagione fosse quella giusta), quindi la cena veniva ritualmente scandita da una dotta, piacevolissima, conversazione e dalle immancabili barzellette al momento del dessert.

Queste serate in compagnia di Emilio Servadio erano caratterizzate da un iter apparentemente uguale, eppure ogni volta, nel salutarlo, dopo averlo riaccompagnato davanti al cancello di casa, mi accorgevo, con stupore, di aver trascorso una serata speciale, e questa sensazione mi accompagnava per giorni.

Dotato di un’apertura mentale a 360 gradi, privo di pregiudizi, dedito alla cultura universale, attento conoscitore dell’animo umano, arguto e magistrale nelle sue osservazioni relative ad uomini e fatti, Servadio é stato davvero un esemplare umano unico nel suo genere.

Ritenuto burbero da chi con lui aveva avuto solo un approccio superficiale, era in realtà un uomo capace di infinita dolcezza.

Nacque a Genova nell’agosto del 1904, da padre marchigiano e madre toscana; nel ’26 si laureò in Giurisprudenza con una tesi di medicina legale sull'ipnosi. Si avvicinò alla psicoanalisi a poco più di 20 anni quando, dopo essersi trasferito a Roma, incontrò Edoardo Weiss, venuto da Trieste per diffondere la psicoanalisi; insieme a lui diede vita, nel 1932, alla Società Italiana di Psicoanalisi (SPI) con Cesare Musatti e Nicola Perrotti. Da quel momento fece il possibile per assicurare una reale dignità a questa nuova scienza: ne scrisse la voce sulla Treccani e tradusse e fece tradurre opere di Freud, della figlia Anna e di Marie Bonaparte. Sin da bambino si era accostato ai fenomeni parapsicologici grazie alla madre, la quale, oltre ad essere infinitamente dolce, era dotata di reali capacità telepatiche che le consentivano di comunicare, in particolari situazioni emotive, con la sorella gemella lontana. Le due grandi passioni della sua vita, l‘analisi dell’inconscio e la parapsicologia, emergono nettamente in una delle sue prime pubblicazioni scientifiche: Psicoanalisi e Telepatia pubblicata nel ’35 sulla rivista Imago diretta da Freud.

società psicoanalitica italiana
Insieme a Edoardo Weiss diede vita, nel 1932, alla Società Italiana di Psicoanalisi (SPI) con Cesare Musatti e Nicola Perrotti

Sempre nel ‘35 venne ammesso all`Associazione Psicoanalitica Internazionale e, intorno a quel periodo, dopo aver incontrato Julius Evola (del quale, in seguito, non condividerà più gli ideali e l’inclinazione politica) e dopo aver scoperto, grazie a lui, il mondo dei Tantra, la metafisica e l’esoterismo indiano, fondò nel '37 la Società Italiana di Metapsichica. Ma nel `38, con l' arrivo delle leggi razziali, essendo di origine ebraica, decise di abbandonare il Paese e, spinto dal suo interesse per le religioni antiche e per l’esoterismo, si rifugiò in India dove tenne lezioni all’università e formò numerosi analisti.

A Bombay, dove era già professore di psicologia honoris causa, esercitò la professione fino al ’45 e contribuì alla formazione della Società Psicoanalitica Indiana.

Nel 1946 tornò in Italia dove apprese con immenso dolore che sua sorella Letizia era morta nel campo di concentramento di Auschwitz. Questo fu uno dei motivi, più che comprensibili, che lo indusse a non voler vedere mai più Evola.

Riprese subito i contatti con i suoi colleghi e l'anno seguente rimise in piedi la Spi con Musatti e Perrotti. Ne divenne in seguito presidente e presidente onorario. Si dedicò quindi anima e corpo al suo lavoro di psicoanalista ed in particolare allo studio della sessualità, dei conflitti pre-edipici, del controtransfert e dei fenomeni paranormali. A questo proposito sostenne che “la percezione extra-sensoriale è tipica del rapporto genitore-figlio; ad attivarla contribuisce l’angoscia di separazione vissuta come possibile perdita dell‘oggetto e del Sé”. Questa riflessione generò un nuovo modo di intendere il rapporto paziente-analista; dinamica nel corso della quale viene ricreata la situazione infantile reciproca per effetto del transfert e del controtransfert.

A tale proposito nel ‘53 diede un definitivo contributo innovativo con un suo lavoro a carattere scientifico dal titolo Il ruolo dei conflitti preedipici.

Grazie a lui la psicoanalisi italiana ha avuto una risonanza sia a livello europeo che mondiale.

Vero maestro della psicologia del profondo e instancabile indagatore dei misteri della psiche, ha sempre lottato contro ogni forma di sclerotizzazione e di pregiudizio. A proposito della cosiddetta fenomenologia parapsicologica, più volte dichiarò: “I fenomeni paranormali esistono, e il più delle volte le opposizioni di certi studiosi dipendono dalla semplice ignoranza (…). Esistono migliaia di casi documentati e provati a conferma della loro esistenza. Eppure è vero: molti continuano ad essere scettici di fronte a questi fenomeni, al punto di provare una vera e propria avversione che chiamerei "resistenza". Solo l’esperienza diretta li induce a ricredersi (...). Sono convinto che nessuno riuscirà mai a dare una spiegazione ‘scientifica’ di questi fenomeni, nonostante i tentativi fatti in questa direzione da eminenti studiosi (...). Non si riuscirà mai ad ingabbiare questi fenomeni secondo criteri scientifici. È proprio questo che costituisce il fascino della parapsicologia. E anche il suo significato più profondo. l fenomeni sono frecce indicative di una realtà diversa da quella che conosciamo: un dito puntato verso l’ignoto, oltre la barriera del nostro mondo empirico (...) Si é molto abusato del termine ‘parapsicologia’. Se ne sono impadroniti maghi, chiromanti, veggenti, azzeccagarbugli (…) E spesso si dimentica che si tratta invece di una disciplina che ha per scopo l’investigazione scientifica di fenomeni insoliti che possono accadere non solo ai ‘sensitivi’, ma anche a ciascuno di noi (…)”.

psicoanalisi
"l fenomeni (paranormali, ndr) sono frecce indicative di una realtà diversa da quella che conosciamo: un dito puntato verso l’ignoto, oltre la barriera del nostro mondo empirico"

Incontrai per la prima volta Emilio Servadio nel 1973: ero allora una studentessa, ed in quella circostanza, devo ammetterlo, lo trovai anch'io un po’ burbero e severo. Ebbi poi modo di ricontattarlo nel 1984, per invitarlo a collaborare ad una rivista culturale che mi apprestavo a dirigere, ed in quella circostanza dovetti ricredermi. Aveva da poco compiuto ottant’anni ma, in verità, non li dimostrava affatto; scoprii via via, dietro quella figura minuta, dall’aria riservata e schiva, un uomo di grandissimo valore, lucido sino all’inverosimile e sorprendentemente giovane e vitale. Il suo sorriso era lo specchio di un animo gentile e incredibilmente sensibile. In breve, da un semplice rapporto di collaborazione professionale in ambito giornalistico, passammo in modo naturale ad una autentica amicizia. Non amava il ruolo di ‘nonno’, tuttavia talvolta, quando era particolarmente prodigo di saggi consigli, autorizzato dalla grande differenza di età esistente tra noi, esercitava palesemente questo ruolo quasi in modo divertito; ma nei momenti di sconforto la differenza di età sembrava dileguarsi e, senza troppi indugi, mi confessava le sue amarezze a causa di un amore platonico e infelice che lo turbava profondamente. Questo amore aveva risvegliato in lui, oltre al suo spirito eternamente giovane, anche il poeta, ed è così che nel 1985 pubblicò Poesie d’amore e di pena, il primo di una serie di libri di poesie editi da Nardini. I suoi versi sono la vera espressione della sua anima.

Dopo la morte della moglie, anche se circondato da amici che facevano a gara per trascorrere con lui qualche ora, Servadio era un uomo estremamente solo. Di lui si prendevano cura una governante e un filippino.

Non aveva figli, pertanto gli unici affetti familiari erano rappresentati da un nipote, al quale era molto legato ma che viveva lontano, e dalla figlia della moglie che però vedeva raramente.

Tuttavia la sua solitudine costituiva probabilmente un prezioso stimolo alla sua creatività.

Profondamente deluso dalla donna che aveva ispirato la sua vena poetica, cercò l`amore ancora molte volte in donne ideali e distanti che lui colmava di attenzioni.

Severo con tutti coloro che a suo avviso arrecavano offesa all'intelligenza e alla cultura, scagliava la sua pungente ironia dalle pagine di quotidiani e mensili che pubblicavano periodicamente i suoi scritti.

Attento e informato sino all'eccesso, sbrigava quotidianamente, fin dall’alba, una fitta corrispondenza con studiosi, giornalisti, amici e ricercatori di tutto il mondo, avvalendosi della collaborazione di una efficiente segretaria.

Detestava la televisione che ormai da anni, per scelta, non seguiva più; amava, invece, la radio e Campanile che citava a memoria con gran divertimento. Litigava volentieri con gli amici che mostravano superficialità nei suoi confronti ma, allo stesso tempo, apprezzava la riconciliazione quale segno di sincera amicizia.

Lo appassionavano molto Wagner, Mozart e Topolino; a quest’ultimo, peraltro, era abbonato da anni e dopo averlo letto lo regalava ad un bambino.

Ha pubblicato pregevoli saggi, testi scientifici e divulgativi, ha scritto innumerevoli articoli per quotidiani, settimanali e mensili. Ha lavorato instancabilmente sino agli ultimi giorni della sua vita, facendo analisi e scrivendo articoli, lettere, poesie.

L’ultimo suo libro, dal titolo Poesie del Vento e della Luce (il Fauno Editore) è uscito pochi giorni prima che Emilio Servadio partisse per il suo ultimo viaggio, nella notte tra il 17 e il 18 gennaio del 1995, all'età di 91 anni.

Molti lo hanno definito l’ultimo "Grande Vecchio“ della psicoanalisi italiana, ma una cosa è certa: Servadio è stato sicuramente "Grande", ma mai "Vecchio", neanche per un minuto.

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Abitare In Salute
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16 Gennaio 2016 02:39, ELIO MORSELLI ha scritto:
MAGNIFICO E VERIDICO Io sono un ex paziente da lui analizzato (1955-1964) e purtroppo sto per diventare 89 enne... Nel leggere il racconto mi ci sono ritrovato, eccome! mi piacerebbe conoscerla, ma come si fa...rassegnamoci. Le faccio tanti fervidi auguri di ogni bene e, da vecchio nonno (mancato, non avendo figli ma solo una moglie fedele), la abbraccio Elio Morselli già professore ordinario di diritto penale all'Università di Perugia

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