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Vite straordinarie

Giulia Civita Franceschi e la nave scuola degli scugnizzi

La storia e l'opera pedagogica dell'italiana Giulia Civita Franceschi, che con il suo metodo educativo salvò dalla strada più di settecento 'scugnizzi' a Napoli, raccontate in una mostra a Roma.

di Mara Macrì, 17 Maggio 2013
TAG  donne  educazione  bambini  storia 

giulia civita franceschi

Nel 1913 a Napoli il Ministero della Marina propose a Giulia Civita Franceschi - una donna dalle straordinarie qualità pedagogiche - un progetto per il recupero dei ragazzi di strada, ospitandoli sulla Nave Asilo Caracciolo. Tale originale esperimento educativo definito "Metodo Civita", richiamò l'attenzione e l'ammirazione di numerosi studiosi, tra i quali Maria Montessori che rimase stupita dai risultati raggiunti. Nei quindici anni che seguirono più di settecento scugnizzi, grazie alle cure formative ed all’affetto di Giulia trovarono attraverso quest’opera solidale una casa, una famiglia e l’istruzione.

Alla donna furono conferiti riconoscimenti ufficiali, alte onorificenze e ricevette una medaglia d'oro nel 1922 dal Ministro dell'Istruzione Antonino Anile. Ciononostante fu rimossa dalla direzione della Nave Asilo "Caracciolo” nel 1928, e stroncata definitivamente dal regime fascista che inserì la sua iniziativa nell'Opera Nazionale Balilla. La feconda attività di Giulia Civita Franceschi, però, proseguì fornendo un’appassionata esposizione del metodo pedagogico attraverso i suoi elaborati, e la vera occasione le fu offerta (oltre che dagli articoli di Lieta Nicodemi e di Olga Arcuno, sulle testate giornalistiche storiche “Risorgimento” e “Solidarietà”) attraverso il Congresso delle donne napoletane nel giugno del 1947. In quel contesto fu divulgato pubblicamente il Metodo Civita dal quale emerse chiaramente la specificità della Nave Asilo "Caracciolo”.

Giulia Civita Franceschi morì il 27 ottobre 1957, ma la sua esperienza educativa, espressione del più avanzato pensiero pedagogico contemporaneo, ancor oggi rimane viva ed attuale.

La nave Scuola

Sulla nave veniva svolto un regolare corso di scuola elementare di otto classi, le lezioni avvenivano all’aperto, quando il tempo lo permetteva. Alle attività teoriche si alternavano quelle pratiche, per trasferire ad ogni bambino una capacità manuale dalla quale potesse trarne vantaggi in futuro. La specializzazione avveniva in un secondo tempo, attraverso corsi professionali di motoristi, falegnami, velai, elettricisti e fabbri. Vi era, inoltre, una sezione dedicata alla pesca che si occupava di pesca in mare aperto, ed i ragazzi si allontanavano su piccole barche anche per settimane, vendendo al loro ritorno il pescato ai mercati all’ingrosso nel porto di Napoli.

Dalla sezione di pesca, nel 1921 nacque la S.P.E.M. la “Scuola Pescatori e Marinaretti” i cui padiglioni, messi a disposizione dalla Marina, nella zona tra Bacoli e Capo Miseno, fungevano da alloggio e deposito per le reti.

Nonostante gli obbiettivi raggiunti, le vicende politiche del governo fascista resero difficile la continuazione dell’opera.

Più che una Mostra: un percorso educativo

L'Istituto Statale per Sordi di Roma, sin dal 1889, ha costituito per molti ragazzi sordi l'unica famiglia di riferimento e la prima esperienza di inserimento sociale, ha, dunque, allestito presso la sua sede la Mostra “La nave degli scugnizzi” ripercorrendone le tappe storiche.

Le immagini in bianco e nero esposte nella Mediateca del Centro di Documentazione raccontano i particolari momenti di vita a bordo della Nave Asilo “Caracciolo” radiata dall’albo dei legni naviganti e trasformata in Nave Scuola nel 1913, sotto la Direzione di Giulia Civita Franceschi. Realtà, queste, già esistenti in varie parti dell’Italia dell’epoca. A Genova, per esempio, la nave Officina “Garaventa” nel 1883 accoglieva giovani usciti dal carcere; e nel 1904 a Venezia la nave “Scilla” ospitò gli orfani dei pescatori dell’Adriatico. Tuttavia l’opera di Giulia Civita Franceschi rappresentò un modello educativo unico e straordinario, tanto che venne adottato da Paesi come la Svezia, l’Olanda e il Giappone.

La mostra foto-documentaria “La nave degli scugnizzi” - Giulia Civita Franceschi e l'esperimento educativo della Nave Asilo “Caracciolo” 1913-1928, aperta al pubblico dal 9 al 17 maggio presso l’Istituto Statale Sordi di Roma in Via Nomentana ha voluto trasmettere il senso civico e morale per l’operato di donne italiane straordinarie, a molti sconosciute. Come Giulia Civita Franceschi, nata a Napoli nel 1870 e figlia di Emilio Franceschi, lo scultore fiorentino.

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7 Luglio 2015 09:27, Amelia Nicolini ha scritto:
Un articolo interessantissimo, che colma una grave lacuna nella mia conoscenza - da napoletana - di persone fuori dal comune che hanno davvero fatto cose importanti per Napoli, che troppo spesso oggi, purtoppo, sale agli onori della cronaca per fatti legati soprattutto alla criminalità, più o meno organizzata, e sembra aver smarrito le sue qualità più belle, legate ad una filosofia di vita che metteva al primo posto la solidarietà e i buoni sentimenti, a cominciare da quella vecchissima tradizione del "Cafè sospeso" che ora ritroviamo anche in altre città italiane, per fortuna....
7 Luglio 2015 09:20, Amelia Nicolini ha scritto:
da una napoletana come me, ma che ha lasciato la sua città da tanti anni, e che gli scugnizzi li conosceva molto bene, un ricordo in versi, scritto qualche anno fa:

T'e' rricuorde, e' scugnizzi, t'e' rricuorde?
E' putiv' veré tutte li juorne:
ascevan' a int' e vasce, miez'annure,
currevene pe' e' viche, e addoss' e' mure,
appise aret e' tram, p'a Riviera,
d'e sette d'a matina, fin'a sera,
vestute sulu cu nu' cazunetto,
l'uocchie e' carbone, e cu' na' risa 'n piett'.....

Se ne jevano tutt' a la Marina
appriess' a e' piscature e' Margellina:
se jettavan' a mare a copp' e scuoglie,
putev' esse Pusilleco, o Curoglio...
Tu vuò sapé mo' si ce stann' ancora...
Nun m'e ffà, sti dimanne, nun è ora:
o' ssaccio, sì, ca e' ccose so' cagnate,
ch'e tiemp' antiche c'è simme scurdate;
è o vero, sì, ca tutt' adda fernì,
ma i' mo' stu' fatt' cca te ll'aggia dì:
o' scugnizz' nun cerca a carità,
pecché è o' vero padrone d'a' città:
po' esse figl'e 'ntrocchia, o figl' e' Re,
ma Napule te dice: "E' figl'a mmé!"

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